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Se hai paura di viaggiare sola il problema non sei tu

Il secondo numero della nuova rubrica “Storie dal treno” di Irene Centola. Di donne, di noi, di te

Viaggiare può avere i suoi pro e i suoi contro. E noi donne lo sappiamo benissimo.

Quante di noi non hanno mai provato, almeno una volta nella vita, quel terrore di rimanere sole nel vagone di un treno semivuoto?

Quante di noi nell’organizzare un viaggio in treno da sole, seppur breve, hanno preferito viaggiare di giorno invece che di notte?

Vi è mai capitato di dover cambiare posto sul treno perché infastidite o spaventate, di accelerare il passo una volta scese in stazione, di guardarsi costantemente attorno restando allerta?

Sappiate che tutto questo non è normale.

Immagine di Freepik

Durante l’ultima commissione delle Pari Opportunità a Roma, l’Associazione “Road to 50%” ha deciso di distribuire un questionario a oltre 1800 utenti, uomini e donne, per indagare sul disagio delle molestie sui mezzi pubblici.

I dati emersi sono spaventosi: quasi il 70% delle partecipanti ha dichiarato di aver subito molestie; tra le donne, la maggior parte (83,3%) afferma di aver assistito a molestie o averle subite, così come il 42,5% degli uomini.

Addirittura, lo scorso anno è stata lanciata un’iniziativa su Change.org dal titolo “Vogliamo viaggiare sicure” per consentire alle donne di avere carrozze riservate, come accade già in Brasile, Egitto, India e Giappone.  

Immagine di rawpixel.com su Freepik

Devo poter avere il diritto di sentirmi sicura: non solo faccio la pendolare e mi sposto ogni giorno viaggiando per ore e ore, ma devo anche preoccuparmi di cosa potrebbe accadermi se resto da sola nel vagone di un treno” afferma Aurora, 23 anni e studentessa dell’Università La Sapienza di Roma, favorevole all’introduzione di cabine per sole donne.

Eppure, c’è anche chi la pensa diversamente: “Mi capita spesso di spostarmi in treno e di tornare quando ormai è buio. Sono stanca di sentirmi sempre inadatta e di provare paura, di dover organizzare nei minimi dettagli il tragitto: non sono io a dover cambiare modo di pensare o di spostarmi, sono gli altri a dover cambiare mentalità” afferma Alessia, studentessa universitaria che si sposta quotidianamente sui mezzi pubblici per svolgere il tirocinio.

A tal proposito sono stati creati anche dei servizi ad hoc per chiedere rapidamente aiuto, per capire se la strada che si sta percorrendo è sicura o per trovare il centro antiviolenza più vicino: eccone qui alcuni. 

Misure come queste sono certamente un punto di partenza, ma non di certo la soluzione. Un problema si risolve a partire dalla causa scatenante, non da chi ne subisce i danni.

Quando si parla di un problema culturale, l’unico modo per intervenire è cambiare le mentalità, sensibilizzare, istruire.

Ai miei alunni insegno il rispetto reciproco e la parità di genere. I bambini a cui insegno oggi saranno i cittadini di domani e in quanto tali devono imparare fin dall’infanzia a pensare correttamente” – è così che la pensa Lidia, ormai da più di trent’anni insegnante di scuola elementare – “la violenza è il terminale di un lungo percorso fatto di politiche sbagliate, parole sbagliate, idee sbagliate e culturalmente influenzate. Scardinare queste convinzioni vuol dire cambiare il Mondo nella nostra piccola quotidianità, a partire da come educhiamo i bambini”.

Quindi salite sul prossimo treno e godetevi il viaggio. E ricordate che se avete paura di viaggiare da sole, il problema non siete voi.

 

Irene Centola

Buon viaggio!
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