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Quello che le mamme non dicono sull’allattamento, la pillola rossa e la pillola bianca (I parte)

La nuova rubrica di autostima e potere femminile firmata Desert Miraje® esce ogni venerdì sul Magazine (o almeno ci provo). Che la mia testimonianza, tra lacrime e gioia, possa dare forza a tutte le mamme che la leggeranno

Ancora piango se ci penso. Vedere quel nasino posato sul mio seno con gli occhi chiusi, i pugnetti aprirsi piano e abbandonarsi al sicuro. Sentirlo come se fosse ancora dentro e vederlo come se fosse sempre stato fuori. Questo uno dei momenti più belli della mia vita. Forse il più bello. Per questo ancora ci piango. E ci stavo rischiando brutto con la depressione post partum quando non ho potuto più farlo. Per questo ho deciso di iniziare questa rubrica, per stare meglio io e per dare supporto a voi mentre l’Academy è ferma per la mia maternità.

La mia esperienza con l’allattamento è durata pochissimo, circa quaranta giorni. Quando per la prima volta me lo ha attaccato al seno l’ostetrica nella clinica in cui ho partorito per un pelo (questa è un’altra storia) era notte. Io ero distrutta, mi facevano male i punti sull’utero, non dormivo da due giorni. Chi era quell’esserino che mi attaccavano al seno? E chi erano tutti quegli occhi a fissare le mie tette? E che dolore! Eppure volevo nutrire quello scricciolo di 2,9 kg uscito dal mio ventre aperto in due come se fosse un marsupio.

Erano già due giorni che Gabriel era nato, e poiché avevo fatto il cesareo lo avevano alimentato con il latte in formula. Lui minuscolo, occhi chiusi, piangeva, perché si era abituato alla “comodità” della bottiglia e “non voleva faticare” come dicavano in clinica. E io provavo dolore e vergogna misto all’amore. Gli occhi mi pesavano, solo il giorno dopo avrei scoperto di avere l’emoglobina bassissima per quella piccola emorragia dopo il parto.

Ragazze, vi dico la verità: il mio primo incontro con l’allattamento è stato traumatico. Anche perché ho allattato con la pillola rossa in corpo, ovvero quella che facilita le contrazioni uterine affinché dopo il parto l’utero torni nella norma. Ma io stavo allattando! Dunque doppie contrazioni. Dunque doppio dolore.

Il giorno in cui mi hanno dato la pillola rossa ero ancora in ospedale. Nel mio caso non era necessaria, in quanto la suzione del bambino è più forte di qualunque farmaco per stimolare l’ossitocina e avviare le contrazioni di chiusura utero. Ho urlato come se mi stessero squartando in due. Il dolore più forte che io abbia mai provato e nessuno mi aveva preparato a questo.

Sapete la cosa più brutta di quel giorno? Sentire nelle orecchie la voce di mia suocera, delle signore in stanza, delle infermiere ripetermi: “E che fa? Lo abbiamo provato tutte questo dolore, stai calma!”, mentre insistevano nell’attaccarmi Gabriel al seno con quel dolore atroce. No, avevano sbagliato a darmi la pillola, ecco perché. Dunque dubito che quel dolore lo avevano provato anche loro. “Non posso dartela io la tetta, piccolo” e lo sguardo su di me fugace e schifato come se fossi la peggiore madre del mondo. Dentro mi sono sentita morire, ve lo giuro.

In quel preciso momento ho capito quanto sessismo regna ancora in questa società. Non parlo solo di tabù e modi di dire che a volte ci fanno ridere e altri piangere, come racconto sul mio profilo Tiktok. Gli stereotipi peggiori sono portati avanti proprio dalle donne. Lo dimostra la domanda invadente, intima e ricorrente fatta dalle donne alle neo-mamme, ovvero: “Allatti?”, quando l’unica cosa che dovrebbero chiederti è: “Come stai?”.

Quando tornai a casa, da mia nonna a Napoli, per riprendermi, provai ad attaccarlo ancora. Ma Gabriel si dimenava, urlava perché non riusciva a succhiare faticando, preferendo la bottiglia. Potete immaginare cosa significa voler alimentare vostro figlio e vederlo soffrire al vostro seno? Non si può spiegare. Così per dargli il mio latte, il migliore dicono, lo tiravo con la tiralatte. E per trovarne una elettrica fu un’altra esperienza. Ostetrica a casa, io distrutta, Gabriel sofferente.

Sono passati giorni di tiralatte, passi lenti per arrivare al tavolo e Ale che lo nutriva. Solo quando un’altra mamma mi ha detto di provare con i paracapezzoli questo incubo è finito. Gabriel si è attaccato ed è stato bellissimo, anche se con dolore. Svegliarmi in piena notte, essere sempre con le tette di fuori, anche in auto, e cercare di coprirmi in strada più che potevo mi ha fatto male. Ma la salute di mio figlio viene prima di tutto.

È brutto ragazze, essere pudiche e tirare fuori il seno davanti a tutti. Avere magari donne in casa che quel seno te lo studiano per capire se c’hai abbastanza latte, se sei “buona”, “capace”, “una brava mamma”, insomma. Ma di che parliamo?

Proprio quando avevo iniziato a fottermene di tutto e tutti, riuscendo a concentrarmi solo su mio figlio, avendo ritrovato anche un minimo di forza grazie alla cura di ferro, non ho potuto più farlo. Avevo scoperto la meraviglia dell’allattamento ed era già finita.

Ho ammirato in clinica alcune mamme. “Io non allatto, ho già un’altra figlia e nel frattempo mi sono rifatta il seno”, “non esiste proprio, ho mia madre invalida, il mio ragazzo non mi aiuta e io non so come fare. L’ho detto al medico: o mi dai la pillola bianca o do i numeri!”. Donne sicure, che hanno fatto una scelta in maniera decisa, e restano mamme.

Mi sono detta, “che coraggio e amor proprio hanno queste donne”. Perché anche al corso pre parto ce lo hanno detto, il latte materno è la migliore fonte di sostentamento per un neonato, ma resta comunque una decisione della madre che ha il diritto e il dovere di prendere davanti alla salute propria e del bambino. “Che infami” ho sentito bofonchiare da una vecchietta che ascoltava. No, non sono infami. Sono donne prima di essere mamme e hanno il diritto di scegliere, soprattutto se la loro salute mentale può compromettere la salute del figlio.

Anche io propendevo per lasciar perdere. Stavo male, il ferro non saliva e già con le mie intolleranze era pesante mangiare poco e niente per evitare che passasse dal latte. Ero esausta ed esaurita ma ho scelto comunque di allattare.

Eppure Gabriel stava sempre peggio… (continua)

3 pensieri riguardo “Quello che le mamme non dicono sull’allattamento, la pillola rossa e la pillola bianca (I parte)

  • Eh già…ne abbiamo dovute subire di tutti colori…
    Ho 3 figli…tutti e tre cresciuti con allattamento misto…con il primo è stata una tortura…mi sono sentita dire dal pediatra…signora si deve dare una smossa deve attaccarlo al seno…ovvio che non sono più tornata da quel pediatra oltretutto a pagamento…ho avuto una depressione post partum…con il primo figlio siamo molto insicure perché non abbiamo esperienza…quindi non sappiamo bene come azzittire le persone…con il secondo è andata un meglio ho ripreso a lavorare che aveva 2 mesi…quindi pochi commenti perché ovviamente io non c ero è quindi secondo loro il bambino poteva prendere il latte in formula…con il terzo nessuno si è mai permesso perché sai con il terzo figlio sai gestire bene tutti e tutti…
    Per la pillola rossa no comment…dolori atroci…con l ultimo figlio non l ho presa per mio volere andando contro il parere medico

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    • Ciao Daniela grazie per il tuo commento e complimenti per la tua testimonianza! Mi sono ritrovata molto in questa frase “con il primo figlio siamo molto insicure perché non abbiamo esperienza…quindi non sappiamo bene come azzittire le persone…” confermo anche io mi sono trovata in difficoltà. Soprattutto perché questo stesse persone che parlano non vedono l’ora di farti sentire inadeguata! Facciamoci forza perché nessuno sa di cosa ha bisogno il bambino/a più di sua madre

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