STORIE

Diamo un calcio alla violenza: una storia di donne che scendono in campo calcistico per ribellarsi

La ribellione delle donne può iniziare ovunque, anche in un campo da calcio: è questa la storia di Valeria, Teresa e Alessandra e della loro associazione tutta al femminile “Diritto&Donna”

Tre donne e un sogno: aiutare altre donne a rompere gli stereotipi. È questo il fine anche di Desert Miraje® che ha creato un metodo per trovare la felicità riequilibrando corpo, mente, relazioni e spirito, risvegliando il femminile che è in noi. Ecco perché come Desert Miraje Magazine di inchieste e storie di vita subito ci siamo interessate alla storia di questo progetto. Come con altre donne in difficoltà per la stessa inchiesta. (leggi la storia di Jinny)

Loro sono Valeria Aprile, Teresa D’Angiò e Alessandra Aprile, rispettivamente avvocato, psicologa e giornalista. Qualche anno fa hanno creato un’associazione chiamata Diritto&Donna per dare supporto a tutte le donne che ne hanno bisogno. Per uscire dalla spirale della violenza, da matrimoni difficili, a volte anche solo per superare il proprio deserto.

L’ultima iniziativa messa in campo è “Diamo un calcio alla violenza”, un progetto nato dalla collaborazione tra l’associazione Diritto & Donna, il fotografo Enrico Duratorre e la squadra di calcio Laudromat Gaeta Calcio a 5 femminile, nata quest’anno quando il presidente ha voluto aprire il calcio alle donne.

Riproduzione riservata ©. Foto di Enrico Duratorre.

L’obiettivo è far sì che le donne acquisiscano consapevolezza del proprio destino – spiega Valeria Aprileabbiamo scelto il calcio per portare in campo il nostro messaggio, visto che è sempre stato uno sport di monopolio maschile: la donna che gioca a calcio è una donna femminile. Non esiste più questa distinzione di genere. È come per un bambino che vuole fare danza e spesso non riesce perché c’è uno stereotipo. Ribelliamoci! Abbiamo il coraggio di metterci le scarpette e scendere in campo, come per denunciare violenza e amori malati!”.

Molte donne sentono che se si dedicano ad un hobbie sottraggono del tempo ai propri figli – aggiunge Teresa D’Angiò, psicologa dell’associazione – ma è la qualità del rapporto che conta, possiamo organizzarci con i nostri compagni perché deve esserci la parità. Che immagine daremmo ai nostri figli? Di due persone che si rispettano. Che danno all’altro la libertà per la propria inclinazione. Perché dove c’è la privazione della libertà si insinua la violenza”.

Riproduzione riservata ©. Foto di Enrico Duratorre.

È veramente bellissimo vedere tutte queste donne in campo che giocano e sono brave. “Diamo un calcio alla violenza” prevede al suo interno diverse iniziative. “Giocano con il logo dell’associazione e le invogliamo alla lettura del libro ‘La chiave della libertà’, regalandolo anche al capitano della squadra avversaria – racconta Valeria – ‘Unite si vince’ è il messaggio.  L’idea della squadra è in un’ottica ottimista. Non vogliamo parlare della donna come vittima, ma come protagonista della propria vita.

Si tratta di donne molto diverse tra loro: madri, studentesse, lavoratrici – dice Teresa – tutte unite dalla passione per il calcio. Molte campagne di informazione sulla violenza provano a suscitare ‘pietà nello spettatore’. La donna viene presentata come vittima indifesa, ma questo porta avanti lo stereotipo della donna debole, fragile e da difendere. Noi invece vogliamo mettere in risalto le risorse femminili, la loro forza, consapevolezza delle proprie capacità e del proprio potere personale”.

Riproduzione riservata ©. Foto di Enrico Duratorre.

Negli Stati Uniti già dagli anni Settanta si è scoperta la connessione tra l’attività fisica e il benessere psicologico. Ma secondo il rapporto Istat 2017 sulla pratica sportiva in Italia, le donne che giocano a calcio nel mondo sono l’1,2%. È grazie a queste ragazze che oggi si sta muovendo qualcosa e i campionati di calcio femminile di serie A e di serie B sono tornati sotto l’egida della Figc.

Secondo quest’ultima, “l’attività calcistica femminile in Italia è un movimento in continua crescita e lo straordinario risultato al recente Mondiale delle Azzurre fa pensare che nel corso di questa stagione i dati saranno destinati ad aumentare ancora. Al 30 giugno 2018 sono 25.896 le calciatrici tesserate per la Federcalcio (erano 23.665 l’anno precedente), tra le quali 12.908 le Under 18, il 54% del totale”(continua a leggere).

Riproduzione riservata ©. Foto di Enrico Duratorre.

Il conflitto è sano, la violenza no. Non c’è bisogno di urlare. La violenza non ha attenuanti, si sceglie di essere violenti. “La chiave della libertà’ è un libro di storie di donne che ce l’hanno fatta – spiega Valeria, autrice del libro edito da deComporrealcune hanno portato a termine il proprio percorso, altre lo stanno facendo. Una donna deve rispettare e amare prima se stessa per farsi rispettare e amare. La chiave della libertà è nelle mani di ogni donna. Una donna libera è una donna indipendente”.

Come comprendere che ti trovi di fronte a un uomo tendenzialmente violento?

Ci sono dei campanelli di allarme – risponde Teresail partner ti chiama tante volte al giorno, ti manda tantissimi messaggi. All’inizio sembra dimostrazione d’affetto, in realtà è qui che si attiva il controllo. Vieni accompagnata ovunque. Ti viene detto spesso: ma perché frequenti sempre quest’amica? Perché vai sempre dai tuoi? Ed è un modo di isolare la donna con un inizio romantico. In realtà è un programma. La tua settimana viene organizzata dettagliatamente. Sembra un galant’uomo. Ma poi ti rendi conto che non va quando gli dici di voler fare qualcosa e non ti viene dato il permesso. Come per esempio di iscriverti in palestra, o a calcio.

Riproduzione riservata ©. Foto di Enrico Duratorre.

Quando si instaura una relazione con un uomo maltrattante è come camminare sulle uova. Le prime volte che urla o alza le mani sei pietrificata. Dici com’è possibile? Mentre lui ti continua a ripetere che sei diversa dalle altre donne che ha frequentato, perché di solito ha un’idea delle altre come se fossero tutte sbagliate e cattive. Ti fa sentire quella giusta, quella diversa, quella che lo salva. Attenzione: sono segnali. Allora, parlane con qualcuno – conclude TeresaE se vi trovate dalla parte di chi ascolta non giudicate, accoglietela. Non fatela sentire sola”.

Miraja 

Giornalista del ventre 

“Storie che arrivano alla pancia delle persone”.

Buon miraggio, donne!

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